Associazione per delinquere e attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, gestione illecita di rifiuti speciali e discarica abusiva. Sono i reati per i quali, su ordine del gip di Lecce, i carabinieri del Gruppo Tutela ambientale e la Transizione ecologica di Napoli e della sezione di polizia giudiziaria di Taranto, hanno arrestato cinque persone ed eseguito ulteriori 20 provvedimenti reali e patrimoniali. I provvedimenti, eseguiti con il supporto dei carabinieri delle compagnie di Manduria, Castellaneta e Massafra nel Tarantino oltre a Francavilla Fontana nel Brindisino, sono stati richiesti dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce. L’indagine, coordinata dalla procura distrettuale antimafia e dalla procura di Taranto, è partita dal fenomeno degli abbandoni di rifiuti speciali su terreni dell’agro tarantino, come i rifiuti pericolosi costituiti da ritagli e cascami di lavorazioni della pelle in varie aree del tarantino. Si è così risaliti alle aziende produttrici dei rifiuti, tutte attive nella produzione di divani e situate nelle aree industriali di Matera, Altamura e Gravina di Puglia. Le prime informazioni testimoniali rese dai rappresentanti delle ditte, hanno fatto subito emergere la figura del principale indagato ritenuto responsabile del traffico illecito di rifiuti da almeno 30 anni.

Tramite l’impresa “Marpelle Snc”, si presentava alle società come titolare di un’azienda che avrebbe provveduto al recupero dei rifiuti speciali da loro prodotti, con un costo di smaltimento di 0,15 euro al chilo. Dopo aver ritirato i rifiuti stoccati all’interno dei piazzali delle aziende, si faceva pagare in contanti o anche tramite bonifico, emettendo, in quest’ultimo caso, fatture con causali false di pulizia del verde o dei piazzali, così da consentire alle aziende di contabilizzare un costo sostenuto di gran lunga inferiore rispetto a ciò che avrebbero pagato smaltendo lecitamente (0,40 euro al chilo). Alla sua morte, il ruolo sarebbe stato assunto da un altro indagato, il quale, sebbene incensurato, si ritiene essere colui che reclutava la manovalanza. Si stima che siano state smaltite illecitamente circa 3 mila tonnellate di materiale, in parte bruciato e in altra parte interrato in aree agricole e capannoni industriali. L’attività avrebbe consentito agli indagati di ottenere profitti per complessivi 550 mila euro. Sequestrati cinque capannoni industriali, un’area agricola dove i rifiuti sarebbero stati illecitamente smaltiti, sei mezzi utilizzati per il trasporto. Inoltre la Dda ha disposto il sequestro, finalizzato alla confisca obbligatoria, delle somme di denaro frutto di profitto documentato in 100 mila euro.