È sempre una buona notizia quando un poliziotto infedele viene arrestato. E lo è ancora di più quando a incastrarlo sono i colleghi onesti, quelli che non si sono mai fatti tentare da guadagni facili e hanno mantenuto la schiena dritta in contesti difficili, quasi «extraterritoriali» per dirla con l’aggiunto della Dda Alessandra Dolci. Detto questo, è impressionante scoprire quanto il sovrintendente Roberto D’Agnano di Brindisi fosse intraneo all’organizzazione criminale che gestiva le piazze di spaccio della periferia nord, al punto da chiedere al capo Laurence Rossi di fargli da testimone di nozze. Un rapporto strettissimo, andato avanti pure quando il 44enne originario di Brindisi è stato trasferito dal commissariato Comasina (nel settembre 2014) al Reparto Mobile. Basta dare un’occhiata alle accuse che gli contestano i pm Giovanna Cavalleri e Cecilia Vassena per farsi un’idea: dai 500 euro (saliti a mille nell’estate del 2015) che mensilmente gli venivano consegnati «per tenerselo buono» ai 5mila incassati nel luglio del 2013 per acquistare una moto, dai 20mila euro come investimento per un commercio di auto ai 2mila presi per facilitare il rilascio del passaporto a un pregiudicato, dal weekend in un albergo sul lago di Como per il compleanno alle periodiche forniture di coca da rivendere.

Cosa dava in cambio D’Agnano? Comunicava a Rossi turni e orari di servizio del personale del commissariato, «suggerendogli di effettuare gli spostamenti funzionali alle attività illecite dallo stesso esercitate nel quartiere solo in certi orari e in presenza di certe pattuglie». E ancora: segnalava tipo e marca delle auto-civetta utilizzate dalla squadra investigativa per le operazioni sotto copertura nonché informazioni sul personale che di volta in volta si alternava nei controlli. Senza dimenticare quella volta che si mise in congedo straordinario per organizzare l’intercettazione abusiva della compagna di uno spacciatore sospettata di tradirlo e partecipare alla spedizione punitiva, in un motel, nei confronti dell’amante della donna.

Non c’era solo D’Agnano, però: dalle carte dell’inchiesta emergono i nomi di altri agenti e ispettori (in tre risultano indagati e sono stati tutti spostati negli anni scorsi) che avrebbero cercato in ogni modo di ostacolare l’attività quotidiana dei loro colleghi in Comasina. Una ricostruzione, quella degli agenti della Squadra mobile coordinati dal dirigente Lorenzo Bucossi e dai funzionari Marco De Nunzio e Domenico Balsamo, che porta il gip Anna Calabi ad affermare: «Tutto il compendio costituito da intercettazioni, indagini, annotazioni, documenti e relazioni di servizio offre un inquietante spaccato dell’assoluta commistione esistente nel quartiere, all’epoca delle indagini, tra delinquenti e appartenenti alle forze dell’ordine, tutti legati da rapporti reciproci che andavano ben oltre la semplice conoscenza, giungendo a essere rapporti confidenziali e, in alcuni casi, di abituale frequentazione». Agli atti ci sono ad esempio i filmati registrati davanti alla carrozzeria Ambrocar di Novate, tradizionale ritrovo dei criminali: D’Agnano ne era un habituè.